[su_note note_color=”#aaa9a9″]da L’UNIONE SARDA.it
#DialogoConGliScrittori: il “Ritorno al cuore” di Niccolò Branca [/su_note]
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Meditazione e vita attiva sono spesso considerati due opposti, due estremi impossibili da conciliare nell’esistenza di ogni essere umano, un po’ come ci paiono collidere spirito e corpo, materia e pensiero. Viceversa proprio trovando un punto di incontro tra questi opposti, facendoli collaborare in piena armonia si può realizzare il più entusiasmante dei viaggi, quello alla scoperta di noi stessi. Una scoperta che è solo il primo passo per cambiare anche tutto ciò che ci circonda. A raccontarcelo con il suo ultimo libro Ritorno al cuore (Trigono Edizioni, 2017, Euro 16,90, pp. 239) è Niccolò Branca, nella vita di tutti i giorni non certo un eremita o un santone ritiratosi dal mondo, ma amministratore delegato dell’azienda che porta da più di 170 anni il nome della sua famiglia.
Un uomo, Branca, pienamente inserito, quindi, nel mondo di oggi e nelle sue dinamiche ma allo stesso tempo assolutamente convinto che si possa continuare a vivere una vita attiva dedicandosi seriamente alla ricerca spirituale e che anzi proprio questa ricerca d’interiorità ci permetta di passare all’azione e di diventare protagonisti della nostra esistenza:
“Per me meditazione significa essere presenti, consapevoli, e nella quotidianità, nel mondo del lavoro più si è presenti, più si ha consapevolezza meglio è. Partendo da questo assunto la meditazione, che è presenza, e la quotidianità, che comprende anche il lavoro, cominciano a fecondarsi. La meditazione, una disciplina che pratico da oltre vent’anni, è per me come un allenamento ma dopo l’allenamento ci deve essere la gara. Devo quindi mettere in pratica nella quotidianità quello che la meditazione mi ha permesso di comprendere su me stesso e il mondo che mi circonda”.
Perché meditazione e quotidianità sono considerati in contrapposizione?
“La nostra mente è grossolana e concepisce spesso dei dualismi: ragione e sentimento, spirito e materia, scienza e arte ecc. In realtà i due elementi di ogni dualismo collaborano tra loro anche se apparentemente sono in contrasto. Il male, per esempio, ci aiuta a comprendere e apprezzare il bene e il bene ci serve per curare il male. Non c’è mai contrasto ma compartecipazione e interdipendenza tra tutte le cose e anche tra tutti gli esseri umani. Esiste un legame profondo tra ognuno di noi e tra noi e il mondo che ci circonda. Tutto è interconnesso con tutto e tutto è inserito in un processo dinamico nel quale le azioni di ognuno e il personale cambiamento possono incidere sulla realtà. Insomma se cambiamo noi stessi possiamo anche contribuire a cambiare il mondo”.
In questa visione l’uomo torna protagonista del proprio destino e anche del destino del mondo quasi in un nuovo umanesimo?
“Dal mio punto di vista è così: si deve creare un nuovo umanesimo il cui punto di partenza non può essere che la consapevolezza che tutti siamo concatenati e che il mio benessere non può essere che concatenato al benessere altrui. Vale in famiglia, vale in una azienda come quella che dirigo, vale in una comunità e anche in un’intera nazione. Senza cooperazione non si va lontano”.
Ma ci può essere in un’azienda umanesimo e cooperazione senza rinunciare a inseguire il profitto?
“Anche qui bisogna uscire da un dualismo sbagliato. Non è buona l’azienda che non insegue il profitto e cattiva quella che lo insegue. Ogni azienda, grande o piccola che sia, persegue un guadagno ma deve farlo con il giusto equilibrio. Il profitto va in parte reinvestito in ricerca, innovazione. Ci deve essere rispetto delle norme e delle scadenze anche nei pagamenti. L’azienda deve fare profitto perché è un organismo vivente che dà la possibilità di vivere e può creare benessere. Alla logica del profitto infinito, però, preferisco contrapporre quella che io chiamo l’Economia della Consapevolezza. Consapevolezza che deve riguardare la produzione, il rispetto dell’ambiente e delle persone, delle risorse e di un profitto che deve anche generare prosperità collettiva”.
Il suo discorso ha anche un valore politico?
“Se per politica si intende non i partiti, ma il governo della comunità di cittadini, certamente sì. Ogni comunità può essere vista come un organismo vivente dove tutti devono collaborare per il bene. Senza questa consapevolezza della necessità di cooperare non si va lontano”.
Roberto Roveda[/su_note]