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Happygenetica: la scienza che guarda alla totalità dell’essere umano

Happygenetica: la scienza che guarda alla totalità dell’essere umano 

Qual è la relazione tra felicità, emozioni, malattia, conflitti interiori ed esteriori, sogni, relazioni affettive, connessioni sociali? Un libro ci parla della necessità di aprirsi a nuovi paradigmi scientifici

 

“L’impossibilità è soltanto un insieme di più grandi possibilità non ancora realizzate.” Queste parole del grande filosofo indiano [su_highlight]Sri Aurobindo[/su_highlight] mi sono tornate in mente più volte, leggendo l’appassionato percorso di ricerca che il prof. [su_highlight]Pier Mario Biava[/su_highlight] racconta nelle pagine di Happygenetica, il libro che ha scritto con Richard Romagnoli. Ed è questa una delle ragioni per cui oggi voglio parlare anche a voi di questo testo così ricco di stimoli. Happygenetica

È davvero così: gli ostacoli e le difficoltà che si interpongono all’improvviso tra noi e i nostri obiettivi, possono forzatamente allontanarci dal cammino prestabilito ma, proprio per questo, possono anche evolvere in svolte inaspettate, soluzioni creative, vere e proprie scoperte.
Accade, in particolar modo, quando una persona arriva all’equilibrio. Chi è nell’autoconsapevolezza, infatti, non guarda mai le cose da un solo punto di vista, ma è aperto a vedere, ascoltare, interpretare tutti gli stimoli. Allora riesce spesso a distaccarsi dai meccanismi del pensiero lineare – quello legato al criterio di causa-effetto che caratterizza il mondo occidentale – per accedere a speculazioni che tendono a procedere in senso circolare. Pertanto le conclusioni sono spesso ribaltate rispetto alle premesse, e le modificano di continuo.

Ma è proprio così che l’impossibile è diventato realtà per Pier Mario: perché non si è arreso di fronte ai primi risultati, perché ha mantenuto una mente aperta, perché, come lui stesso scrive, è rimasto fedele ai propri sogni.
Stiamo parlando di ricerca scientifica, certo, ma anche di ricerca in senso intensamente umano.
Ed è proprio questo risvolto a colpire sin dalle prime pagine del libro, con il caldo racconto traboccante di gratitudine per le proprie origini, che restituisce immagini vivissime di un’infanzia immersa in una malinconica atmosfera ovattata. Una dimensione che avrebbe anche potuto portare a un isolamento a oltranza, ma da cui invece è scaturita, sul terreno fertile dell’autoconsapevolezza, un’acuta capacità di introspezione e la più tenace attitudine a credere nei propri sogni.

Processo non dissimile dal viaggio nel profondo di noi stessi che, messi faccia a faccia con la malattia, possiamo decidere di intraprendere per sciogliere quei conflitti dell’anima che, non di rado, divengono poi conflitti del corpo.
Un viaggio che, conducendoci alla messa in discussione di tutto ciò che siamo, può fare della malattia stessa un’opportunità di evoluzione e di crescita.

In effetti, nel corso di questa spedizione fino alle radici della nostra essenza, può capitarci di scoprire che il cammino intrapreso incrocia molte altre diramazioni: il sentiero del cuore, il sentiero della gratitudine, quello della gioia, e infine quello del perdono. Perdono degli altri ma anche, e soprattutto, di noi stessi.

Ogni sentiero che decidiamo di percorrere amplifica la nostra capacità di prestare ascolto alla nostra più intima vibrazione interiore e a sintonizzarci con questa sempre di più, in una progressiva e crescente rivelazione. La straordinaria scoperta che intorno a noi tutto è vibrazione, tutto è vita, e ognuno di noi è connesso a tutto e a tutti.

È un libro importante questo, perché ci parla della necessità, per la medicina di oggi, di aprirsi a nuovi paradigmi scientifici e di guardare finalmente all’essere umano nella sua totalità: mente, emozioni, corpo e spirito, storia passata e presente, conflitti interiori ed esteriori, sogni, aspettative, relazioni affettive, connessioni sociali.
Nondimeno, chi afferma tutto ciò in queste pagine non è un mistico, un filosofo, un poeta o uno psicologo, ma uno scienziato avvezzo a confrontarsi sia con la solidità di dati estremamente concreti, sia con gli straordinari risultati già ottenuti. Ed è questo che dà ancora più forza e risonanza alle sue parole.

In effetti, sono sempre più convinto che la vera ri-evoluzione per l’umanità sarà la convergenza, in vari ambiti del sapere, di due apparentemente opposti punti di vista. In questo caso, il punto di vista di coloro che da sempre esplorano la natura dell’interiorità umana da un lato, e dall’altro il punto di vista degli scienziati, di coloro cioè che tradizionalmente si occupano di chiarire la natura dell’oggetto e del mondo. E questa auspicabile sinergia avrà meravigliose implicazioni su innumerevoli aspetti della vita di ognuno di noi.

Le rigorose ricerche scientifiche di uno scienziato come Pier Mario Biava e le prorompenti e irresistibili risate di [su_highlight]Richard Romagnoli[/su_highlight], esperto delle metodologie della [su_highlight]Laughter Therapy[/su_highlight], sono uno splendido

Mario Biava, Richard Romagnoli e Niccolò Branca
Mario Biava, Richard Romagnoli e Niccolò Branca

esempio di questo tipo di armoniosa convergenza. Entrambi, infatti, considerano con grande attenzione – e totale assenza di separazione o dualità – la complessità delle energie, delle emozioni e delle esperienze che, a lungo andare, possono ripercuotersi sui meccanismi del nostro corpo e manifestarsi come malessere fisico.

Lo Yoga della Risata, che Richard si è impegnato con generosità a diffondere in tutto il mondo – e che abbiamo avuto il piacere di sperimentare anche in Branca – permette di praticare in maniera naturale il [su_highlight]pranayama[/su_highlight], l’antica arte del respiro. Al contempo, con lo Yoga della Risata si beneficia del benessere che si propaga a livello fisiologico mentre si apprende a ridere in modo prolungato e, per così dire, con tutto il corpo.
Questo nostro corpo, che ha una sua intelligenza e che dovremmo rispettare come un tempio. Ma noi non ne abbiamo più consapevolezza, perché siamo distratti, perché abbiamo perso la capacità di ascoltarlo, perché non siamo presenti. Perciò, purtroppo, nel mondo in cui viviamo il corpo non è più il “tempio dell’anima”. È invece sovente trattato alla stregua di un oggetto edonistico che tentiamo di plasmare forzatamente nelle sue forme, in un programma che poco ha a che fare con un vero equilibrio salutare e, non di rado, nasconde piuttosto una sottile angoscia di morte.

L’amore invece è la chiave, come si sostiene anche nelle pagine di [su_highlight]Happygenetica[/su_highlight]. L’amore è la strabiliante “molecola” che dà a ciascuno di noi la capacità di effettuare miracoli e trasforma la vita – la nostra e quella di coloro che ci circondano – in una continua propagazione di energia positiva che, come accade ai cerchi nell’acqua, si allarga all’infinito intorno a noi.

L’amore, la bellezza, la gratitudine e la gioia sono il fuoco, l’energia che alimenta ogni nostra azione, ogni nostra esperienza. Per questo gli stati d’animo felici contribuiscono notevolmente a creare, o a ricreare, l’armonioso equilibrio del nostro organismo.

Non si tratta però di nascondere le ferite, di negare la sofferenza dell’anima o del corpo. Al contrario, come nell’antica arte giapponese del [su_highlight]kintsugi[/su_highlight], che per ricongiungere la crepa di un vaso utilizza l’oro invece che la colla trasparente, si tratta di affrontare le esperienze dolorose come una parte peculiare dell’esistenza che, proprio per questa ragione, rende ogni persona unica, preziosa.
Noi occidentali però abbiamo serie difficoltà a rapportarci con le crepe, con le spaccature, con le fratture inferte alla nostra anima e al nostro corpo. Succede perché il pensiero meccanicistico ci addestra a vedere sempre e soltanto un aspetto della realtà: qualcosa è intatto oppure è spezzato.
Allora, nel delicato messaggio simbolico del kintsugi possiamo individuare un vero insegnamento per imparare l’arte di abbracciare le nostre esperienze dolorose, per venire a patti con queste riaprendo un autentico canale di comunicazione. Happygenetica

Allo stesso modo, oggi la scienza ci dice che, di fronte a delle cellule malate, un bombardamento di chemioterapia non è l’unica strada percorribile.
Si può invece cercare di restituire alle cellule quell’informazione originaria che, evidentemente, era andata perduta. Esattamente come, nella vita e nel mondo del lavoro, si può provare a capire cosa è stato frainteso in un certo momento della relazione e provare così a ristabilire una comunicazione che era stata interrotta.
Ed ecco che, nel continuo osmotico fluire della vita, le dicotomie e gli opposti smettono di essere tali. Allora, la “rottura” di un oggetto, ma anche di un rapporto o di un organo interno, non ne rappresenta necessariamente la fine. La Vita, infatti, è allo stesso tempo integrità e rottura, è ricomposizione costante ed eterna.

A questo proposito, trovo profondamente toccante il sempre più evidente parallelismo tra le affermazioni dei fisici contemporanei e le intuizioni senza tempo dei mistici: relatività, interconnessione, non-permanenza.
Oggi la scienza ci dice che non esiste nulla nello spettro del reale che non sia contemporaneamente materia, energia e informazione. Esiste un’informazione all’interno di tutto: atomi, cellule, pietre, esseri umani, forme vegetali. Ed è proprio l’informazione che muove la vita permettendole di manifestarsi.

L’universo è ordinato da energie differenti in continuo equilibrio. Non si tratta tuttavia di un’energia contro l’altra, ma di un’armonia piena di amore, un’intelligenza saggia.
L’amore: questa trasparente intelligenza consapevole che muove tutto.

                                                                     Niccolò